27/10/2023

Ali in Libreria


27 ottobre 2023

Venerdì 27 Ottobre 2023, ore 17,30 presso Libreria Libra, Torino


Ali Torino con Libreria Libra, via Santa Giulia 40 - Torino
Presentano nel ciclo d’incontri d’autore Pietre d’inciampo:
Marco Isaia - Gli istrici di Schopenhauer non avevano letto Lacan, Leucotea, 2023.
 
 
Luciana Testa, psicanalista ALI Torino ne discute con l’autore ed il pubblico.
 
«Illuminare di luce nera». Il libro di Marco Isaia fa sorgere un ossimoro. È una storia garbata, intelligente, ben scritta. Ed è una storia scritta da uno psicoanalista. L’ascolto psicoanalitico, di solito, parassita le storie, necessita del racconto di una storia per potervisi attaccare e svolgere così la sua funzione litica, di lisi, di scioglimento. Lo fa rimontando verso l’origine, verso la supposizione di un’origine; qualsiasi cosa sia un’origine. Una parentesi: il concetto non è mio, è Derrida che parla di una doppia funzione della psicoanalisi, una funzione «filolitica» e una funzione «archeotropica». Ma sono parole difficili, che lasciamo per un altro scaffale, quello di filosofia. Nel nostro scaffale, tra le nostre pietre d’inciampo, si trova invece il libro di Marco. Dove sta l’ossimoro? Quella che illumina il testo del racconto è senza dubbio una luce che s’intuisce psicoanalitica. È quella luce che da rilievo al personaggio, alle sue giornate, al suo lavoro che, detto per inciso, è quello di uno psichiatra che galleggia nella contingenza del suo lavoro come un tappo di sughero.
Ma la luce che dà rilevo al personaggio e alla sua storia è, come dicevo, una luce nera: una luce che non illumina. Gli psicoanalisti lo sanno, sanno di non avere a disposizione un riflettore per illuminare gli angoli bui, sanno che per non aver paura del buio non si tratta di accendere la luce, bensì di inventare dei fantasmi gentili che lo abitino. Per lo più si tratta di fantasmi individuali poiché i fantasmi collettivi non esistono. È per questo che non si vedono. Ognuno ha a che fare soltanto con i propri.
Penso sia questo che trattiene uno psicoanalista dal dar corpo a questi fantasmi e lasciare piuttosto che ogni analizzante ne inventi di propri. Marco però osa, osa inventare un caso letterario che si offre alla lettura di tutti e che, per questo, è supposto svelare o ri-velare un fantasma collettivo. Ma, come ho detto, questo fantasma non c’è. Quella della letteratura è un’operazione sacrificale. Uno scrittore offre il proprio fantasma in pasto al grande pubblico, ed è un’operazione sempre un po’ al limite dell’osceno: il corpo della propria vita sviscerato pubblicamente per occhi che vedono il riflesso del loro proprio corpo. Il talento letterario è fare del proprio fantasma il fantasma di tutti. È doloroso ed è, dicevo, sempre un po’ ai limiti dell’osceno.
Nel racconto di Marco il fantasma è quello della psicoanalisi ed è per questo che la sua luce è quella di un sapere che non illumina. Naturalmente questo lascia il povero psichiatra, torinese d’adozione, a vagare un po’ stralunato tra la nebbia e il nevischio. Leggetelo, vi farà capire quale desessere può abitare la psichiatria; anche per gli psichiatri gentili e ben intenzionati.
 
Fabrizio Gambini

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