Rubrica: Un libro al mese


Maggio 2025
 
Fabrizio Gambini

Bruno Snell, La scoperta dello spirito. La cultura greca e le origini del pensiero europeo, Luiss 2021.
 
È un vecchio libro (prima edizione tedesca 1946, prima edizione Einaudi 1951) ma il primo saggio (L’uomo nella concezione di Omero) è già folgorante. Vi getta immediatamente in pasto alla nozione che le parole non sono un modo per dire la cosa, bensì sono, determinano, creano la cosa. Fermiamoci al primo esempio: il verbo vedere. In Omero non esiste; non esiste un verbo che indichi la funzione del ‘vedere’ indipendentemente da cosa e da come si guardi. Il vedere è prima di tutto visione dell’occhio che è visto guardare. In questa osservazione Snell non è solo:
 
[Lacan] non disconosce alla pittura il suo effetto pacificante, apollineo; non però dalla parte del fare, e nemmeno del guardare, ma piuttosto dell’essere guardati. Questo è un punto decisivo e dirimente per comprendere la funzione della pittura nel suo lavoro analitico. Lo spettatore, in questo modo, si concepisce come ‘quadro’ in quanto lo sguardo è esterno a lui, è lui ad essere guardato dal quadro. Nella pittura, dirà ancora nel Seminario XI, «c’è del doma-sguardo. Vale a dire che colui che guarda è sempre indotto dalla pittura a deporre lo sguardo.»
Le sacre icone scrutano lo spettatore sotto l’occhio di Dio, la forza delle icone bizantine starebbe proprio nel fatto che Dio si compiace di guardare anch’egli l’icona che guarda lo spettatore che guarda. Il concetto non è nuovo, se ne trova il fondamento già in Nicola Cusano che nel 1453 dedica all’argomento uno scritto intitolato appunto L’icona (o De visione Dei), un’opera che Lacan non cita e che forse non conosce ma con la quale è impossibile non sintonizzarlo quando rispetto al Dio fatto (che si fa) icona Cusano recita: «il tuo esser visto è il tuo vedere che ti vede.» (cfr. nota a fine testo)
 
In Omero, l’atto del vedere è δέρκεσθαι (derkestai), avere un determinato sguardo. Δράκων (drakon) il serpente (che deriva da δέρκεσθαι) è chiamato così perché ha uno sguardo particolarmente inquietante. In Omero il termine δέρκεσθαι indica non tanto la funzione dell’occhio, quanto il lampeggiare dello sguardo percepito da un’altra persona. È un verbo che dà un’immagine precisa di un particolare modo di guardare. Nell’espressione omerica δέρκεσθαι non si considera tanto il vedere come funzione, quanto la particolare facoltà dell’occhio di trasmettere ai sensi dell’uomo certe impressioni.
Ma l’atto del vedere è anche Παπταίνειν (papyainein), che è un altro modo di guardare, ovvero guardarsi attorno cercando qualcosa con sguardo circospetto o con apprensione.
Poi c’è Λεύσσω (leusso) che, etimologicamente, ha affinità con λευκός (leukos) che è
brillante, candido.
Detto altrimenti, il guardare è definito dallo sguardo che viene guardato. Non esiste una funzione del vedere indipendente da ciò che si vede e da come lo si vede.
Naturalmente Snell continua, con altre parole e con altri saggi. Io mi fermo qui. Leggetelo; sarà, per chi non lo conosce, una scoperta.
 
1 M. Moretti, «Jacques Lacan e le arti nel lavoro analitico», in M. Moretti (a cura di), Amore e Psiche, De Luca Editori d’Arte 2023, p. 13.

 
 

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