01/10/2017

Sesso di un altro genere... genere di un altro sesso, quando la bussola impazzisce


di Agnès Condat

Questo scritto si fonda sulla nostra esperienza clinica con una cinquantina di bambini e adolescenti che ponevano delle insistenti questioni sulla loro identità sessuale.  Gli incontri sono avvenuti nell’ambito di un servizio di psichiatria del bambino e dell’adolescente dell’ospedale Pietè- Salpêtrière di Parigi. 
Questo servizio accoglie anche i bambini, gli adolescenti e le loro famiglie che vivono i “cambiamenti di sesso” di un genitore e anche coloro che sono nati da un genitore trans o nella categoria di LGBTIQ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali, queer).  E’ un servizio che si propone di essere un luogo neutro e benevolo che accoglie una domanda e offre un ascolto a coloro che hanno trovato difficoltà ad essere accolti e ascoltati altrove.
Se per ciò che riguarda i bambini la domanda di un colloquio è una domanda parentale o sociale, diverso è il caso degli adolescenti che fin dagli albori della pubertà esprimono una domanda che intendono assumere su di sé.  Anche se alcuni di loro desiderano essere sostenuti nel percorso della loro identità sessuale, la maggior parte richiede di accedere il più velocemente possibile a una soppressione dei segni della pubertà o, una volta che sono puberi, a una trasformazione ormonale o chirurgica. 
Occorre precisare che gli adolescenti che riceviamo sono indirizzati da uno psichiatra infantile o da uno psicologo o uno psicoanalista che ha potuto constatare che si tratta di una questione che non accetta di essere contrastata.  A volte è la medicina scolastica che gli riferisce.  Più raramente sono stati loro a trovare le coordinate del nostro servizio su internet. 
La maggior parte degli adolescenti che riceviamo esprimono di “aver sempre saputo” quale fosse il loro sesso.  Le giovani ragazze trans (vale a dire, dichiarate alla nascita di sesso maschile ma che si percepivano di sesso femminile) dichiarano di “aver sempre saputo di essere una femmina” e i giovani uomini trans (dichiarati di sesso femminile alla nascita e che si percepivano di sesso maschile) affermano “ho sempre saputo di essere un ragazzo).
Molto frequentemente i genitori riportano che questa identificazione sessuale trans è stata espressa nel linguaggio durante un periodo che variava da alcuni mesi a alcuni anni, talvolta dall’età delle prime frasi e sempre prima del linguaggio scritto.  Anzi, la maggior parte di quei bambini molto piccoli ha espresso ai propri genitori la loro appartenenza a un sesso senza sapere che non era congruente al loro corpo. 
Gli psichiatri infantili e gli analisti dei bambini sanno che tali fantasmi sono comuni nei bambini di entrambi i sessi, così come può essere normale che un bambino maschio di 4 anni s’infili le scarpe della mamma.  Perciò, è molto complesso, quando si ricevono dei bambini così piccoli, distinguere chi persisterà da coloro per i quali rimarrà un fantasma. 
Nella nostra esperienza clinica, che per ora si riduce a una cinquantina fra bambini e adolescenti trans, questa espressione trans nel linguaggio è stata passeggera e nessun bambino ha proseguito ad affermare un’identità sessuale contraria al loro stato civile, accordandosi durante il periodo di latenza al loro sesso anatomico grazie all’inquadramento dei loro genitori. 
Sembra però che per i nostri giovani adolescente transgenere qualche cosa ritorni durante la pubertà o al meno che ciò che si gioca nel momento giovanile venga a iscrivere il periodo prepuberale nel reale.  La storia si racconta allora per loro come se il vissuto della pubertà facesse après-coup di quel primo momento infantile e la successione dell’uno e dell’altro facesse tenere entrambi. 
Gli studi statistici che si interessano al divenire dei bambini che affermano di appartenere a un sesso diverso da quello anatomico mostrano che la maggior parte di loro costruisce la loro identità sessuata nel sesso che è stato assegnato loro alla nascita.  Al contrario, gli adolescenti che si ritengono transgenere a partire dalla pubertà, nella maggior parte dei casi persistono e si impegnano a una trasformazione ormonale-chirurgica nel momento opportuno. 
Secondo Evelyne Kestemberg “l’adolescenza si caratterizza per un riaggiustamento della struttura anteriore dell’Io a una trasformazione corporea che comporta l’acquisizione della maturità dell’apparato genitale.  L’adolescente deve reintegrare nel suo sistema libidico relazionale questa maturità evolutiva. Deve essere altrettanto capace di investire narcisisticamente in modo soddisfacente in funzione di questa nuova immagine del suo corpo. 
Per tutti gli adolescenti che abbiamo ricevuto, questo vissuto è stato insopportabile, esprimendosi in ognuno dipendendo dalla loro posizione soggettiva e dalla solidità dell’annodamento fra le dimensioni reale, immaginaria e simbolica.  Questo annodamento che generalmente nell’adolescenza è problematico, in quei casi è violentemente ostacolato dal fatto che il reale del corpo contraddice la dimensione immaginaria sviluppata secondo un altro genere; la dimensione simbolica varia dipendendo dall’esperienza precoce dello sguardo così come dal discorso parentale. 
L’affermazione transgenere sarebbe un tentativo di discorso di re-nominazione quando, per un rimaneggiamento giovanile dell’annodamento delle dimensioni Reale, Immaginaria e Simbolica, il reale del corpo fa un buco nell’immaginario. 
Negli adolescenti transgenere, lo schema corporeo contraddice il corpo immaginario e al contempo diventa impossibile riconoscersi davanti allo specchio, che rinvia un’immagine discordante da quella che è stata interiorizzata. 
L’interesse dell’adolescente per la propria immagine prosegue la parte investita durante l’infanzia, il confronto con la questione della mancanza attraverso ciò che manca nell’immagine.  Lo specchio gli ricorda che non può sostenere l’immagine se non grazie al versante simbolico che comporta, per il fatto del discorso, dei significanti e di una nominazione di quell’immagine che simbolizza il reale del corpo. 
Le posizione maschile e femminile sono fra questi significanti.  L’identità sessuata è una posizione, un modo di assunzione soggettiva di essere rappresentato dal significante “uomo” o dal significante “donna”.  L’esperienza analitica mostra che ciò che differenzia una donna da un uomo non è il reale dell’anatomia ma due modi di godimento che sono separati e la cui congiunzione, ciò che sarebbe “il rapporto sessuale” non esiste. 
Che un adolescente si senta uomo o donna non determina un certo tipo di struttura.  Per alcuni può avere il valore di un sintomo, effetto del simbolico sul reale, fantasma fondamentale sul quale il soggetto si sostiene.  Alcune sedute consentiranno la rimessa in gioco della catena significante in un quadro analitico per poi “passare ad un’altra cosa”.  Per altri può trattarsi di un delirio.  Per molti di coloro che riceviamo, può essere il non trovare un’assicurazione del loro essere nell’Altro e si tratta di inventare una soluzione singolare che può fare a meno delle operazioni reali.
L’adolescenza, in quanto primo momento giovanile, appare meno come una rinascita che come una nuova nascita.  Un periodo della vita che dà luogo a una rilettura dell’infanzia e a una scrittura di quell’infanzia che apre alla reinvenzione della sessualità nella quale il passato si schiarisce attraverso la luce del presente.
In questo contesto di affermazione trnsgenere, intendiamo proporre un quadro che consenta il transfert per accogliere quel ragazzo là, quella ragazza là, ma anche quella famiglia là, la loro storia, i loro discorsi, la loro angoscia e le loro domande in una prospettiva di sostegno di questo adolescente in quanto soggetto in divenire.
Una delle poste in gioco e quella di consentire ad ogni singola famiglia di scrivere la continuazione del loro romanzo dopo ciò che è stato vissuto come un cataclisma e che questo consenta ad ognuno d’iscriversi in una dimensione soggettiva.
 
Tratto da:  Agnès Condat, “Sesse d’un autre genre…genre d’un autre sexe, quand la boussole s’affole” IN La Revue Lacanienne, n° 18, maggio 2017, Edit. Erès
 
Traduzione a cura di Graciela Peña Alfaro


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