01/06/2014

Nessun due che non si pensi a partire dal tre


di Jean-Jacques Tysler

Nell’inconscio che si può dire “collettivo” c’è una passione smodata per la ricerca dell’anima gemella, dell’altro se stesso, del gemello, del doppio, passione la cui origine narcisistica non sfugge a nessuno e di cui Lacan ha fermamente situato l’ancoraggio nello stadio dello specchio e della cattura dell’immagine.
 
Gli esempi pullulano per descrivere tale lettura del mondo sempre ricondotto alle forme del due, all’attaccamento due a due.  Si dice “di tale padre, tale figlio” per descrivere il miracolo di una trasmissione riuscita, infischiandosi dell’eteros; si disserta sul migliore discepolo di una maestro, facendo della filiazione intellettuale il modello della coppia sublimata; si esclama davanti alla somiglianza fisica di una giovane coppia:  “sono fatti l’uno per l’altra!”; ci si emoziona alla vista del fratello e della sorella che condividono i giorni della loro vecchiaia, in un’intimità la cui vita desessualizzata serve da guida alla modernità.
 
Notiamo che  tale disponibilità per le storie di coppie chiede che sia oltrepassata dal soggetto ciò che possiamo chiamare la mortale identificazione all’Uno, al grande Uno unificante e totalizzante.  Bisognerebbe del resto parlare più giustamente di unificazione mortale. 
 
Il dramma della psicosi si gioca in questo punto e una definizione minimale della paranoia è, come sappiamo, “o l’uno o l’altro”; “io o lui”, senza posto per il due.
 
Ma la psicopatologia ordinaria lo rivela a volontà:  la passione del due si richiude regolarmente sul dramma dell’Uno.  La gelosia, la rivendicazione, il risentimento prendono  -lo sappiamo tutti e tutte- rapidamente il posto dell’amore esclusivo, perché sotto l’apparenza di viaggiare mano nella mano, gli occhi fissati sullo stesso orizzonte, vi è la volontà folle di fare Uno nell’Altro che guida nell’ombra l’aritmetica delle domande e delle proteste. 
 
Il moralismo religioso ispira molto questa concezione dell’unicità nella coppia.  Guardare un’altra donna è già peccare, sognarla è già tradire.
 
Il testo di Freud La morale sessuale “civilizzata” e il nervosismo moderno spiega bene il prezzo esorbitante di una tale repressione del desiderio.  La coppia “borghese” e la rimozione del sessuale tanto quanto il suo adempimento.  E’ la scelta del sintomo come protezione contro la dimensione sempre trasgressiva e per finire poco socializzabile del desiderio che si dice umano.  E’ la trasmissione ai bambini di questa impasse elevata al rango di castrazione necessaria.
 
Alla passione del due e alle sirene dell’uno in due la psicoanalisi offre, per chi vi si presta, la possibilità sempre difficoltosa di partire dal tre.  Tale dimensione è già all’opera nello spostamento dalla nozione freudiana di inconscio a quella di Altro lacaniano.  L’Altro, “tesoro dei significanti”, viene in posizione cruciale per staccarsi dalla coppia immaginaria che forma l’io con il suo doppio ingombrante.  Nessuna parola nel senso pieno se restiamo  nella cura come nella vita sull’asse a-a’ del famoso schema L di Lacan.
 
Lacan faceva regolarmente scaturire formule che lasciavano intendere che dobbiamo partire dal tre:  nessun Uno senza Altro, oppure da un Altro all’altro.. C’è già molto più della coppia, c’è l’eteros, l’eterogeneità, il dissimile, il dissimetrico, la disparità.  Freud aveva già accordato tale carattere eteronomo del rapporto fra i sessi  alla significazione fallica.
 
Quando siamo obnubilati dalla questione dell’ideale e dell’identificazione immaginaria, dimentichiamo che c’è –come causa delle nostre condotte e delle nostre magre giustificazioni filosofiche- un oggetto nella logica che presiede  al nostro destino molto di più di ogni declinazione dell’uno, sia esso l’uno della religione o della ragione.  C’è un osso (os), un “osgetto” (osbjet) , poteva dire Lacan, un oggetto eteros, che viene come terzo nella catena significante, come terzo nel rilancio del significante a un altro significante e lungo tutto lo svolgimento della nostra vita.  E’ dunque un oggetto che non è nella catena, che non è nella coppia che tuttavia la determina.
 
Per ogni uomo e per ogni donna il fantasma fa ugualmente da terzo termine.  Così l’Altro, il fallo, l’oggetto del fantasma e causa del desiderio…tutta la teoria analitica è costruita come invenzione per far fronte all’imbecillità del 1 + 1 = 2.
 
Ricordiamo che anche la coppia S1  S2 non è concepibile come una coppia:  il significante maître (S1) e il sapere inconscio (2) sono in una fondamentale disparità di struttura.  La coppia ordinata non è una coppia. 
 
Più lontano ancora nel suo insegnamento, Lacan si appoggerà al nodo borromeo per tenere insieme le tre categorie fondamentali:  Reale, Simbolico e Immaginario.
 
Il nevrotico passa il suo tempo a ragionare su due categorie annodate, perlopiù l’Immaginario e il Simbolico, lasciando il Reale fuori dalla sua presa o trasformandolo in impotenza.  Lo psicotico insegue il disfacimento del nodo o trasforma a modo suo, vale a dire, forzato, una dimensione in un’altra mettendo in una strana continuità Reale, Simbolico e Immaginario.
 
La nostra posizione di analisti consiste solo nell’agganciare un pezzo di Reale, non semplicemente nel disporci in una filiazione immaginaria e nemmeno dalla parte di un ordine simbolico.
 
Un’ultima parola, infine, su ciò che potremmo chiamare il rimpianto delle nostre passioni.  La tragicommedia della coppia, mille volte rappresentata a teatro, ci lascia nella nostalgia di un mondo esclusivamente centrato sui rischi del desiderio e sulla futilità della sessualità. 
 
Sicuramente conosciamo il prezzo del lato mobile del fallo con la sua parte di delusione, piccole menzogne, sentimenti di tradimento.  Ma, infine, tutto questo non ci vaccina dal nostro gusto per le grandi passioni che, alla loro acme, conferiscono alla carne una colorazione ipnotica.  Il corpo prende allora tutta la sua importanza, ma si tratta del corpo erotizzato dall’altro e per l’Altro, la lingua che veicola le parole della passioni.  In questa congiuntura il corpo è l’Altro.  Roma e Parigi non sono però più la Vienna dei primi Novecento e occuparsi oggi del nostro corpo è tutt’altra cosa che librarsi ai capricci di Eros. 
 
Io e il mio corpo, tu e il tuo corpo:  ricadiamo su un quattro sicuramente più tirannico della legge del padre, nella quale Freud aveva creduto di trovare il proprio cammino. 
 
Tratto da:  Coppie, a cura di Muriel Drazien, Carocci editore, Roma, 2007. 

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