01/10/2016

I pittori simbolisti e la nascente psicoanalisi


di Silvia Novarese

Ho recentemente visitato l'interessantissima mostra sui pittori Simbolisti (si è tenuta a Milano a Palazzo Reale nella primavera del 2016) e vorrei esporre alcune considerazioni da un punto di vista che considera l'intreccio tra arte e psicoanalisi.
 
La mostra stessa fa richiami espliciti al fatto che il Simbolismo in pittura non a caso nasce   nel periodo che da un lato vede l'affermarsi dell'industrializzazione e del pensiero positivista, e dall'altro che la parte oscura e rimossa, non razionale, negata dal pensiero ufficiale viene messa in luce e recuperata dalla nascente teoria dell'inconscio. Siamo infatti in area centro europea nella seconda metà del XIX sec. e nel primo decennio del XX secolo.
 
La pittura dei simbolisti con una tecnica straordinaria tratta le figure, gli uomini, il paesaggio in maniera figurativa ma con accostamenti imprevedibili, come visioni di sogno o come incubi, per cui il risultato sullo spettatore è straniante.
 
L'effetto è quello che Freud aveva denominato Unheimlichkeit (inquietante estraneità).   Le singole immagini che prese una a una sarebbero riconoscibili, danno allo spettatore la sensazione di un mondo “altro”, di un mondo in cui le apparenze celano inquietanti presenze o sono esse stesse apparenze enigmatiche.  La natura, che nella realtà storica di quel momento sta per essere sostituita definitivamente dalla tecnica, si presenta come abitata da personaggi a metà tra l'umano e il soprannaturale, da fauni, vampiri, ondine, ninfe, valchirie.
 
I pittori sono perlopiù di area centroeuropea, molti francesi (Redon, Moreau, Knopff, Klinger, Rops, Boeckling) e alcuni italiani (Previati, Segantini, Chini, Sartorio).
 
L'altro punto che vorrei sottolineare è la netta prevalenza di figure femminili in questo confine tra la natura e la cultura, le ondine, le parche, le ninfe sono in numero molto più grande dei demoni e dei fauni.
 
Partendo dal grande quadro “Carezze” di Knopff in cui una creatura col corpo di  ghepardo  e viso di donna abbraccia avvolgendolo il pittore …e senza soffermarmi su questo, ( si sa che il pittore aveva una relazione quasi incestuosa colla sorella), avanzo l'ipotesi che la femminilità sia vista più vicina alla natura, non a caso la donna ha col corpo una relazione più stretta per via della maternità.
 
Lacan aveva detto che la donna è non-tutta, ci sarebbe in lei qualcosa che sfugge alla castrazione, quello che in qualche modo veniva vissuto immaginariamente, almeno fino a poco tempo fa qui nella nostra area occidentale, come l'incomprensibilità della natura femminile.
 
I nostri artisti raffigurano questo con figure femminili come dicevo al confine tra la natura e il mito, figure che avvolgono incantano seducono (la ninfa che porta l'uomo dolcemente nell'abisso, la dea che avvolge l'eroe con veli e nuvole) oppure con figure in cui convivono l'aspetto animale e quello umano (la donna che vola, la donna metà tigre e metà umana).
 
E vorrei chiudere ricordando che Freud aveva scritto che i poeti, gli artisti avevano già espresso in modo meraviglioso quello che la psicoanalisi stava scoprendo, con la differenza che la psicoanalisi riusciva a farne una teoria e una applicazione terapeutica.

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