Valerie Solanas, Trilogia SCUM, VandA 2018.
AA. VV., Solanas mon amour, Il Dito e la Luna 2019.
Breanne Fahs, Valerie Solanas, Il Dito e la Luna 2019.
Valerie mi scuserà se la chiamo per nome; mi scuserà se, pur essendo maschio e psichiatra, la chiamo per nome. Ma, se non pensassi di essere, se non compreso, almeno scusato, non potrei avere fatto, né fare, un lavoro, il mio, che mi ha fatto essere quotidianamente a contatto con la follia e con la sua cura, sin da quando avevo poco più di vent’anni. Paternalismo? Forse. Sono padre, ho una figlia, ho compiuto settant’anni già da un po’. Perché non dovrei autorizzarmi a un po’ di paternalismo? Fa parte della vita.
Sulla copertina dell’edizione italiana della Trilogia Scum, edizione VandA 2018, è riportata una foto in bianco e nero di Valerie: un viso allungato, un naso lungo, una bocca indecisa tra broncio e sorriso, un cappello sbarazzino e uno sguardo all’obbiettivo, di attesa, più che di sfida. La mano sinistra impegnata, ovviamente, a scrivere. La foto è del febbraio 1967 ed è tratta dal Village Voice, il celeberrimo settimanale newyorkese distribuito gratuitamente a New York e a pagamento nel resto degli States. C’è un’altra foto, questa volta sulla copertina del libro di Breanne Fahs, Valerie Solanas; (cfr. nota 1) la foto è del 1977 ma è giovane e sorridente, seduta di fronte a una macchina da scrivere nella redazione della rivista High Times, in quello che, verrebbe da dire, avrebbe potuto essere il suo posto, se ne avesse potuto avere uno.
Nel giugno del 1968 Valerie ha esploso tre colpi di pistola contro Andy Wharol, riducendolo in fin di vita. Per questo, e perché è stata riscontrata affetta da schizofrenia, per la “precisione” da una reazione schizofrenica di tipo paranoico con un’accentuata depressione, è stata ricoverata in manicomio, dove ha subito un’isterectomia. Da quello che ho capito, non è che avesse sofferto di una patologia ginecologica tale da richiedere l’intervento di asportazione dell’utero. È che gli psichiatri “curanti” hanno pensato all’asportazione chirurgica dell’utero come “cura” del suo delirio.
Questa questione dell’isterectomia è qualcosa che vale la pena di essere guardata più da vicino. Evidentemente, l’unica cosa che potrebbe aiutarci a capire è la documentazione clinica dell’ospedale dove è stato effettuato l’intervento. Che non è disponibile. Dalle scritture biografiche si ricava quanto segue. In una lettera del 24 marzo 1973 indirizzata Barney Rosset, Presidente e fondatore della Grove Press e Fred Jordan, Vicepresidente della stessa Casa Editrice, Valerie scrive:
[Egli]…sapeva dov’ero perché glielo avete detto voi. E voi lo sapevate per via della cimice nel mio utero…Ed è sempre per quella trasmittente nell’utero che sapevate dov’ero quando sono arrivata… (cfr. nota 2)
Il problema della trasmittente era evidentemente già presente da un po’. Nell’estate del 1971 Dick Spottiswood, un suo amico dei tempi del college, testimonia che Valerie comparve sulla soglia di casa sua:
Io vivevo solo in un piccolo residence e stavolta sembrava veramente matta. Era convinta di avere una ricetrasmittente nell’utero…tutti i sintomi della paranoia. (cfr. nota 3)
Ripeto, non è facile risalire dalla biografia a quello che è successo.
Dopo il rilascio da Matteawan, era convinta che i medici in combutta con la Mala, le avessero messo una cimice nell’utero, per controllare i suoi spostamenti e quel che diceva. (cfr. nota 4) […] nell’estate del 1973 si persuase anche che la spirale che le avevano inserito a Matteawan le avrebbe fatto venire il cancro. (Se abbia mai avuto segni di cancro non si sa). (cfr. nota 5)
Per provare a fare un po’ di chiarezza cerchiamo di risalire all’iter dei suoi internamenti in carcere e in manicomio dopo l’attentato a Warhol. (cfr. nota 6)
3 giugno 1968 Spara a Andy Warhol e a Mario Amaya.
3 giugno 1968 Un’ora dopo Valerie si autodenuncia a un poliziotto che dirigeva il traffico.
5 giugno 1968 Prima udienza e trasferimento dal carcere all’Ospedale Psichiatrico di Elmhurst con diagnosi «reazione schizofrenica di tipo paranoico con un’accentuata depressione.»
18 agosto 1968 Trasferimento da Helmhurst a Matteawan (Manicomio criminale).
12 dicembre 1968 Seconda udienza. Il Giudice ordina un ulteriore esame psichiatrico ma fissa una cauzione di 10.000 dollari che un amico di Valerie (Geoffrey Le Gear) paga. Valerie viene rilasciata.
9 gennaio 1969 Arresto per minacce nel carcere di Manhattan.
15 maggio 1969 Trasferimento all’Ospedale di Elmhurst e successivo trasferimento alla divisione psichiatrica dell’Ospedale di Bellevue dove subisce anche un’isterectomia forzata. L’ospedale, si legge nel testo, «era noto per il ricorso da parte dei medici a pratiche di sperimentazione ginecologica sulle donne internate.»
Maggio 1970 Trasferita nel carcere di Bedford Hills e, dopo poche settimane, nuovo ricovero a Matteawan.
Aprile 1971 Fuga da Matteawan.
16 giugno 1971 Cattura e, alla fine di giugno, scontata la pena, esce.
Settembre 1971 Arresto per minacce.
Ottobre 1971 Arresto per minacce.
Novembre 1971 Arresto per molestia aggravata e osservazione psichiatrica.
Dicembre 1971 Arresto per molestie e invio a Elmhurst.
Gennaio 1972 Detenzione da scontare presso l’Ospedale Psichiatrico di Dunlop a Wards Island.
Febbraio 1972 Fuga da Dunlop.
22 marzo 1972 Arresto e ritorno a Dunlop. Qui, apparentemente, si convince «di essere stata sottoposta, durante la permanenza a Matteawan, a un impianto uterino destinato a procurarle il cancro.»
Fine 1972 Rilascio da Dunlop.
Febbraio – 8 ottobre 1975 Ricovero in Ospedale Psichiatrico su richiesta della sorella.
Un’isterectomia forzata implica, ovviamente, il non consenso della persona ma, di per sé, non implica che l’utero sia stato asportato per ragioni psichiatriche. Potrebbe ad esempio essersi trattato di un trattamento ginecologico eseguito contro la volontà della paziente per ragioni ginecologiche ritenute valide dai medici “curanti”. Non lo so; c’è un gradiente nella mostruosità e togliere un organo, a fin di bene, senza il consenso di colei a cui viene tolto l’organo è comunque un po’ meno mostruoso che togliere un organo per odio verso ciò che quest’organo rappresenta. Un po' come intervenire sul cuore per un’eccessiva sensibilità emotiva. Dal contesto e dall’insieme di quello che ho potuto leggere temo di dover però considerare l’ipotesi che di questo si sia trattato: toglier l’utero per odio verso la rivendicatività femminile di Valerie.
In un breve racconto a fumetti, (cfr. nota 7) la responsabilità dell’isterectomia ricade sulla D.ssa Ruth Cooper dell’ospedale di Elmhurst ed è indubbio che lì, nel breve racconto, l’intervento sia pensato e eseguito come cura della schizofrenia. In realtà però dalla biografia di Breanne Fahs si apprende che l’isterectomia è stata praticata a Bellevue e non a Elmhurst e, inoltre, la D.ssa Ruth Cooper è indicata come «psicologa» e, tutto sommato, sembrerebbe aver condotto una serie di esami clinici e testologici con un atteggiamento non privo di una certa simpateticità. Comunque sia è un dettaglio.
Certamente Valerie non avrebbe apprezzato gli aforismi di Karl Kraus. Kraus era un uomo difficile, cinico, diabolicamente intelligente. Molti dei suoi aforismi riguardano le donne e sono feroci, ingiusti, offensivi. La donna di cui Kraus, non dico parla, perché il suo non è un discorso, sono piuttosto lampi di luce ambigua, contraddittoria, e la donna che lampeggia tra i suoi aforismi è la donna della Kakania, la donna che era il prodotto di un mondo in dissoluzione. Leggere oggi Kraus è difficile. Kraus è strutturalmente, congenitamente, vergognosamente, genialmente, politicamente scorretto. Tra i suoi aforismi ce n’è però uno la cui corrispondenza atroce al vero, Valerie ha sperimentato sulla propria pelle, nel proprio corpo: “La differenza tra gli psichiatri e gli altri psicopatici è un po’ come il rapporto tra follia convessa e follia concava”. Il suo delirio di rivendicazione femminile, l’abolizione del maschile come agente inquinante del mondo, la follia di Valerie, è stata “curata” con l’asportazione dell’utero.
Il delirio di Valerie era organizzato a attorno a una tutta femminilità, una sorellanza (cfr. nota 8) capace di superare il reale della differenza sessuale. Un parlessere donna, non segnata dalla divisione soggettiva in quanto sessuata, libera da quel difetto di fabbrica che si chiama maschile, una donna sorella e madre di altre donne. Valerie traduce il fallogocentrismo di cui parla Derrida come il dominio del maschio sulla donna e sul creato; lo considera il nemico da abbattere, ciò di cui liberarsi. Il suo concetto di sorellanza implica inoltre il mantenimento del funzionamento dell’una per una e il manifesto nel quale dà atto della sua concezione del movimento SCUM è esso stesso effetto dell’una per una e non sopporta alcun livello organizzativo. Questo è l’inizio del Manifesto:
Per bene che ci vada, la vita in questa società è una noia sconfinata. E poiché non esiste aspetto di questa società che abbia la minima rilevanza per le donne, alle femmine dotate di spirito civico, responsabili e avventurose non resta che rovesciare il governo, eliminare il sistema monetario, istituire l’automazione completa e distruggere il sesso maschile. (P. 63)
Le notizie su di lei si diradano dopo la sua scomparsa da New York verso la fine degli anni Settanta e il 25 aprile 1988 il suo corpo senza vita e in avanzato stato di decomposizione viene trovato nella stanza 420 del Bristol Hotel di San Francisco.
In psichiatria la corrispondenza tra delirio e biografia è sempre problematica, frutto sempre di una costruzione e mai di un’evidenza. Per di più la costruzione, se si vuole accurata, attenta e non cervellotica, non è mai il frutto della lettura magari affrettata di una biografia e del “coraggio” del costruttore. Quando Freud, dopo aver letto le Memorie di un malato di nervi di Daniel Paul Schreber, ipotizza la sua nomina a Giudice della Corte di Cassazione di Brema, come evento scatenante la sua psicosi, lo fa dopo una costruzione minuziosa, estremamente particolareggiata e, in ogni caso, si tratta pur sempre, nelle stesse parole di Freud, di una costruzione. Un inciso, non so se a qualche lettore o lettrice sia venuto a mente, ma a me è subito balzato agli occhi che parlando del Presidente Schreber non mi è venuto di chiamarlo per nome. Dunque, da un lato Valerie, la tutta donna e, dall’altro, il Presidente che si credeva la donna di Dio. In questa sede, scrivendo quello che sto scrivendo, mi sembra opportuno ribadire il punto, prima che un indice si levi ad indicarlo. Nessuno di noi, psichiatra o psicoanalista, è un testimone neutro. Tutto quello a cui possiamo attingere di neutralità, di terziarietà, di sottrazione, è frutto della possibilità di nominare qualcosa del nostro proprio fantasma piuttosto che della sua assenza. Senza fantasma non si è neutri, si è morti. Dunque, Presidente e Valerie, in un’asimmetria che dice qualcosa di loro e della mia lettura delle loro storie.
In ogni caso qui è del delirio di Valerie che si tratta e di ciò su cui il suo delirio getta una certa luce. In particolare, ci sono due questioni che mi interessano: la tutta donna e l’importanza dell’automazione.
Ci si potrebbe tornare.
Note
1 Breanne Fahs, Valerie Solanas. Vita ribelle della donna che ha scritto SCUM (e sparato a Andy Wharol), Il
Dito e la Luna, 2019.
2 Ivi, p. 242.
3 Ivi, p. 236.
4 Ivi, p. 237
5 Ivi, p. 245.
6 Cfr. Valerie Solanas, trilogia SCUM, VandA2018.
7 E. Bosisio e E. Mistrello, «Craving for a reason» in AA. VV. Solanas mon amour, cit., p. 148.
8 Va da sé il riferimento al libro recente di S. Lippi e P. Maniglier, Sorellanze, DeriveApprodi 2024.